Riflettere sul, Riflettere nel
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riflettersi e riflettere
info progetto
progetto: edificio agricolo (stalle, lavorazione latte-formaggi, abitazione)
località: gacés, sauze di cesana , torino, italia
dimensioni: 540mq
budget:
stato: idea
anno: 2012
E’ forse superfluo ribadire che i villaggi e le case di montagna sono un notevole esempio di architettura. Di architettura e non di progetto, perché da esse, o da ciò che di esse rimane al giorno d’oggi, traspare tutta la sincerità e la spontaneità di chi le ha abitate, adattate nel tempo alle proprie esigenze, costruite senza l’aiuto di architetti o ingegneri e pur tuttavia resistenti e intrise di un sentimento, forse inconscio, che le armonizza tra di esse e con l’ambiente che le circonda.

Adesso in questo ambiente si è introdotta una “nuova non architettura” che non recupera l’antico rapporto forma/funzione/natura. Il paesaggio, la memoria storica dei luoghi, lo spirito che ne rimane, l’ambiente, vengono depauperati e inquinati (visivamente, emozionalmente e fisicamente) in modo irreversibile. E’ il caso della gran parte degli alpeggi dei pastori monticanti siti in Alta Valle di Susa. Vasche da bagno diventano abbeveratoi, vecchie roulottes e container sono abitazioni, tettoie di lamiere ondulate per il ricovero del bestiame, nylon, pallet, transenne, reti da letto, griglie metalliche, cavi elettrici: immondizia usata nei modi più disparati. Tubazioni di ogni sorta nelle sorgenti e nei ruscelli, docce, wc chimici o latrine scavate nella terra, innumerevoli problemi igenico-sanitari per le persone e per la produzione alimentare dedicata alla vendita dei “prodotti tipici”. Il problema è reale, esiste, e deve essere affrontato.

E’ necessario educare e fornire mezzi e strutture idonee ad ospitare le normali funzioni; sostenibili dal punto di vista sanitario, estetico, ambientale ed energetico, nel totale rispetto dello spirito della montagna e di chi questo spirito lo vive e lo sente.

Salvare il perché e non il come è stato il punto di partenza per ogni successiva riflessione. Salvare (e migliorare) quindi quegli aspetti funzionali (dai quali poi derivano quelli distributivi) che nonostante la loro rusticità e il modo trasandato con cui sono stati messi in opera, derivano da una stratificazione e da un affinamento di gesti ed operazioni quotidiane. Così come nella scelta dei materiali, delle forme e della tessitura dei rivestimenti, si è tentato di trasmettere quella sensazione di “strange confidence”, propria di quegli edifici che si portano addosso la percezione di un passato locale radicato nell’immaginario collettivo. Qui non solo quello della memoria dei villaggi di montagna, ma anche quello del “nuovo” insediamento/accampamento dei pastori monticanti. Assiti con diversi orientamenti, lamiere e teloni in policarbonato, assumono così una identità contemporanea ma altrettanto funzionale, che non nega né tradisce le proprie origini, in un processo costruttivo del tutto a secco.

Con discrezione, grazie alle riflessioni sulle sue pareti fa proprio il paesaggio e lo restituisce appena deformato, affinché ogni scambio di materia o di luce sia manifesto. Si fa paesaggio e il paesaggio si fa edificio. La struttura si rende, da determinate angolazioni, più sfuggente nelle forme, apparentemente vuota laddove è piena, spaccata dal panorama che la penetra e allo stesso tempo la delinea.

Anche il riflesso dell'Uomo entra a far parte dell’edificio, del panorama. Del paesaggio. Entra a far parte di ciò che lo circonda. L'Uomo si riflette e "riflette".