Teoria
al di là del concreto

Una Vita Migliore

Così, nel costruire e/o recuperare un edificio e non solo occupare uno spazio, l'impegno dovrebbe essere volto a farlo senza spezzare il filo storico, inteso come unità e continuità spirituale, non dimenticando (o, a volte, inventando per ricreare) quell'amalgama inscindibile di funzione, costruzione e forma che c'è in ogni opera dell'uomo e che dovrebbe raggiungere la sua massima espressione quando si costruisce una casa. Perché da sempre l'uomo ha cercato, dovunque nel mondo, e spero che ancora cercherà, di mettersi al riparo dove possa entrare anche qualcosa di divino.

Molte volte quello che esiste già di costruito all’inizio può sembrare un vincolo penalizzante per le nuove e aggiuntive funzioni da attribuire al territorio o al fabbricato. In realtà quello che c’è deve essere l’occasione per capire il passato e l’intorno, e diventare elemento caratterizzante e quasi imprescindibile dell’abitare in una casa dove, costantemente, si percepisca che cosa è una “costruzione”: è qualcosa che dura molto di più della vita di un uomo e perciò ha ancora più grandi responsabilità da assolvere: compiti che sono diversi nel tempo e mai tutti compiuti, e nel contempo è testimonianza della capacità costruttiva per vivere più di una vita, di lavoro o di riposo, con i problemi, i cambiamenti ed i sogni che sempre l’accompagnano.

Nella progettazione del nuovo, e ancor più nel recupero, non voglio essere troppo condizionato dalle funzioni che l’edificio “deve” assolvere, ma ricercare quello che c’è di importante ed irripetibile nel “fare”.

Configurare l’ambiente non solo e non tanto con una progettazione originata dal rispetto di prescrizioni o esigenze distributive, quanto dalla ricerca di elementi costitutivi della costruzione che inneschino un processo attributivo di valore, sia al contesto che ai nuovi spazi interni ed all'aspetto esterno del fabbricato. In realtà non si tratta di nuove attribuzioni perché sia l’oggetto che le funzioni che si decide di svolgervi evidentemente sono già conosciute, devono solo essere colte nei loro aspetti a volte meno evidenti ma più esistenziali, per essere relazionate tra di loro da qualcosa che ha a che vedere con lo spirito.

È un approccio originato dalla volontà di valorizzare l’aspetto della costruzione di una “architettura”: immagine, per quanto possibile, svincolata da parametri economici, politici, produttivi, tecnologici... che concorrono alla sua definizione e perciò intesa e percepita come tutto ciò che l’oggetto è, insieme ma anche oltre le funzioni cui da luogo.

Tendere a raggiungere un risultato al di là del concreto vuol anche dire che la differenza (come sempre) è nelle persone: quelle che fanno quel lavoro che gli piace, e quelle che quando guardano si impegnano per vedere: ambedue con dei principi che gli permettano di trarre tanta più soddisfazione e piacere quanto più capacità e sentimento riescono a mettere e poi ad estrarre da se e dalle cose. Effetto che normalmente presente nell’arte, ma che si può raggiungere anche quando si costruisce una casa.

Una lezione dell’architettura spontanea delle montagne dove viviamo, può quindi essere che bisogna avere, oggi come allora, una idea chiara da realizzare ed una aspirazione non solo materiale da soddisfare e, come allora, cercare e trovare il mezzo e insieme il modo, poiché il mezzo e modo, per loro stessa natura, non possono precedere il fine; invece oggi succede sempre più spesso, ed è grave, che mezzo e modo concentrino su di sé il dibattito tanto da far dimenticare che esiste un fine.

E questo fine è, sempre e semplicemente una vita migliore.


Pierpaolo Court